12/01/2012

Il forlimpopolese Simone Toni: “Malato di teatro”

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di REDAZIONE
(12 gennaio 2012) 

Forlì, 12 gennaio 2012 – ‘I MASNADIERI’ di Schiller in chiave moderna, la superba regia di Gabriele Lavia, un protagonista come il giovane e bravissimo forlimpopolese Simone Toni: meglio di così che cosa può cercare chi ama il teatro? Piccola presentazione di Simone Toni: 31 anni, diplomato all’Istituto magistrale, ha studiato chitarra classica ed ha superato una rigorosissima selezione per entrare nel teatro Il Piccolo di Milano diretto da Luca Ronconi con cui inizia presto a lavorare come attore e come aiuto regista. Recita con Mariangela Melato e collabora con Ronconi nella regia di ‘Diario privato’ con Albertazzi e la Proclemer. Lavora 8 anni con Ronconi partecipando come attore, come protagonista e come regista fino al 2008, anno in cui fonda e dirige l’Associazione teatrale ‘Gli incauti’.

Da Shakespeare a Goldoni, da Aristofane a Orwell, da Garcia Lorca a Calvino, da Oscar Wilde a Cechov, tanto per fare qualche nome di grandi autori teatrali e oggi Schiller: perché ha lasciato il teatro Il Piccolo di Milano?
«Ronconi è senza dubbio un grande, ma io gli ho detto che dopo 8 anni di lavoro con lui volevo fare la mia strada. Così ho creato una mia compagnia, Gli Incauti».
E Ronconi cos’ha detto?
«Ha capito la mia voglia di nuove esperienze e di creatività».

Ha recitato altre volte a Forlì?
«No. Questa è la prima volta che vengo con un teatro stabile. Ho fatto tournèe un po’ in tutta Italia e all’estero».

Tutto questo le ha portato notorietà. Ne è felice?
«Che cosa rispondere? Sono semplicemente malato di teatro. La mia vita finora è stata sempre legata al teatro, ma le assicuro che la notorietà non mi interessa. Devo però confessare che mi comincia a pesare il fatto che la mia casa sia una valigia».

Vuol dire che desidera ritornare a Forlimpopoli?
«Nessuna decisione, per ora. D’altra parte a Forlimpopoli ho i miei genitori ed ho anche un fratello, Giacomo, con cui ho messo in scena ‘Il peggio del peggio’».

Le piace il teatro di ricerca?
«Vengo dal teatro di parole: per me è importante saper parlare e raccontare storie. Il teatro di ricerca per alcuni gruppi è sicuramente un’esperienza interessante, ma spesso si limita all’effetto e altre volte è una scusa o semplicemente una moda e non più una necessità. Non cerco nulla di provocatorio: i sentimenti sono sempre molto complessi. È questa la realtà da portare in scena».
Parliamo dei Masnadieri: lei ricopre un ruolo da protagonista.
«Sì, assieme a Francesco Bonanno. Ed abbiamo la fortuna di avere un regista come Lavia».

Com’è Lavia? E quale scelta ha operato nei Masnadieri?
«Lavia è scrupolosissimo. È un grande maestro: sono stati i grandi registi che hanno fatto la storia del teatro. Lavia ha interpretato lo spettacolo in chiave moderna, ambientandolo nel 1980 e noi attori siamo diventati personaggi tipo quelli del Bronx. Recitiamo come forsennati, in un ritmo serratissimo. Il testo originale è rivisitato in chiave pop».

Quella spina nel fianco e la tensione prima che si apra il sipario scompare col tempo?
«No. Il patema d’animo c’è sempre. L’esperienza teatrale però è molto bella, perché l’attore si forma solo se sta davanti al pubblico. La serata rimane dentro di te, te la porti a casa, la mediti: solo così si impara ad essere più sicuri e disinvolti in scena».

Quindi non ha tempo per altre attività?
«Vado in piscina o a correre : mi serve soprattutto come esercizio per il respiro».

E il futuro che cosa le porterà?
«Per ora la tournèe dei Masnadieri fino a marzo».

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