COMUNICA STAMPA – Teatro Vascello
(6 ottobre 2020)
Dal 6 all’11 ottobre 2020
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21 – sabato ore 19 – domenica ore 17
MEDEA di Euripide
adattamento e regia Gabriele Lavia
con Federica Di Martino, Simone Toni
produzione Effimera srl
NOTE di REGIA
Questa “nostra” Medea, vuole essere “fedelissima” al testo, alla “parola” di Euripide e, nello stesso tempo, “infedelissima” alla sua drammaturgia. In altri termini, la struttura della tragedia greca: il coro, il messaggero, tutti i personaggi, vengono come “ingoiati” da una nuova struttura contemporanea, in un dialogo serrato, aspro, tra il marito infedele e la moglie tradita. Così il paradigma di un “certo” dramma moderno e spudorato destruttura completamente la drammaturgia della Grecità della stupenda tragedia di Euripide per restituirla “spogliata”. In un dialogo serrato, concitato, crudele e amaro. Un “ora” e “qui” riconoscibili nel nostro “oggi”. La tragedia della “madre” impazzita d’amore e di dolore, si svuota e si fa “povera” di ogni “memoria classica” per riempirsi tutta e arricchirsi essenzialmente soltanto di incomprensione, dolore, gelosia, infelicità, pazzia, vendetta… Questi i sentimenti che travolgono moglie e marito, in una lunga, terribile, dolorosa “Scena da un matrimonio”. Il sentimento di perdita, di svuotamento, di spiazzamento da un “ambito-antico” a una condizione “nostra”, nel rigoroso rispetto del “testo” poetico, toglie allo spettatore ogni preconcetto estetico intorno a un certo “spettacolo moderno” di un testo antico. Immaginiamo una “sinfonia” che venga suonata a Jazz soltanto da due strumenti “amorosi e virtuosi” che tenendo ferma nel cuore la “tragedia” di Euripide la restituiscano “per due voci sole” in uno spietato duetto che lasci lo spettatore letteralmente senza fiato. Quello che noi chiamiamo tradizione è un concetto “temporale”. Nel senso che un “tempo” antico viene trasferito nel tempo di “oggi” che è il tempo-moderno. È attraverso questo “modo” che noi siamo il “tempo”. Moderno è il nostro modo di essere il Tempo. Questa “rigorosa” tradizione del tempo è l’impegno, nel senso profondo di dare noi stessi “in pegno” in questo nostro spettacolo necessario.
GABRIELE LAVIA
Articolo originale