Scritto da Maurizio Sesto Giordano
E’ teatro di riflessione, di analisi e di profondo studio dei personaggi e delle loro molteplici decisioni in determinati momenti della vita. Questo e tanto altro è “A torto o a ragione”, la pièce di Ronald Harwood, nella traduzione di Alessandra Serra e con
la regia di Giovanni Anfuso, in scena alla Sala Verga di Catania dal 24 gennaio al 2 febbraio, per la stagione di prosa 2024/2025 dello “Stabile” di Catania.
Si tratta di un folgorante e poderoso atto unico, prodotto da Stabile di Catania, Fondazione Teatro di Roma e Teatro Vittorio Emanuele di Messina, che in circa ottantacinque minuti, pone allo spettatore tanti interrogativi, raccontando una vicenda dai contorni e dai risvolti sempre attuali.
Con la tenebrosa ed accattivante scena allestita da Andrea Taddei (uno stanzone polveroso, umido, con cataste di faldoni, quadri e foto, un grammofono e dischi, sedie e cartacce), i costumi di Isabella Rizza, le musiche di Paolo Daniele ed il funzionale gioco luci di Antonio Rinaldi, lo spettacolo prende spunto dal processo subìto da Wilhelm Furtwängler (1886-1954), uno dei più grandi direttori d’orchestra del Novecento nell’immediato dopoguerra. In scena si racconta ciò che avvenne durante alcuni interrogatori preparatori condotti in modo spietato, tutt’altro che delicato, dal Maggiore americano Steve Arnold. L’acclamato direttore d’orchestra Furtwängler venne sospettato in quanto non aveva lasciato la Germania e la sua colpa era quella di non essersi opposto apertamente al nazismo, mentre l’intero pianeta si avviava verso la tragedia della seconda guerra mondiale e dell’Olocausto.
Assume particolare interesse, durante la pièce, l’interrogatorio, in una atmosfera cupa e di profonda analisi, che pone in luce il netto contrasto tra le diverse visioni della vita e del mondo dell’accusato e dell’accusatore. Da un lato, quindi, il direttore d’orchestra, che con pacatezza e dignità, risponde alle domande, alle basse insinuazioni, difendendo la propria autonomia dalla politica e dai compromessi, in nome dell’arte e della musica ribadendo quindi la sua indipendenza come artista dai ricatti e dalle minacce della politica rappresentata dal regime nazista e dall’altro lo scherno del Maggiore Arnold, materialista, prevenuto e di scarsa cultura e che intende dimostrare, ad ogni costo e senza effettive prove, il collaborazionismo del musicista, evidenziando le sue problematiche, soprattutto la notte, quando non riesce a riposare per i ricordi delle atrocità della guerra perpetrate dai nazisti nei confronti degli ebrei nei campi di sterminio.
Con la regia lineare e scorrevole di Giovanni Anfuso e l’attenta traduzione curata da Alessandra Serra, l’atto unico non evidenzia cedimenti o cali di tensione, grazie ad una delicata e completa ricostruzione psicologica dei personaggi. Nel cast spiccano l’accanito Maggiore americano, disturbato dai suoi incubi notturni, ottimamente interpretato da Simone Toni ed il frastornato e dignitoso Furtwängler, assalito anche lui da lucidi ricordi e rimorsi di coscienza per il suo operato, reso con grande impegno e professionalità, da Stefano Santospago. Si integrano perfettamente poi sulla scena Liliana Randi nei panni della svanita Tamara Sachs, Roberta Catanese (la segretaria Emmi Straube), Luigi Nicotra (il timoroso tenente Willis) e Giampiero Cicciò nei panni dell’ambiguo e camaleontico Helmut Rode, violinista di seconda fila dei Berliner Philarmoniker.
Lavoro che riconcilia sicuramente con il teatro e con le emozioni forti e che, dopo un ritratto del direttore d’orchestra costellato di interrogativi e chiaroscuri, lascia aperta la conclusione della vicenda, consegnando a tutti noi tanti interrogativi: “Furtwangler è un criminale o un artista? Qual è il valore dell’arte al servizio della politica? L’ingenuità di Furtwangler – che pensava di poter tenere arte e politica separate – non è essa stessa una colpa?”.
Pubblico attento e che, alla fine, ha tributato i meritati applausi ad un cast all’altezza e ad uno spettacolo che induce a tante riflessioni sulle nostre convinzioni e sulle nostre responsabilità e su come ognuno di noi potrebbe comportarsi davanti ad un determinato fatto.
A torto o a ragione
di Ronald Harwood
con Stefano Santospago, Simone Toni, Giampiero Cicciò, Liliana Randi, Luigi Nicotra, Roberta Catanese
Traduzione di Alessandra Serra
Regia di Giovanni Anfuso
Scene di Andrea Taddei
Costumi di Isabella Rizza
Musiche di Paolo Daniele
Luci di Antonio Rinaldi
Produzione Teatro Stabile di Catania, Fondazione Teatro di Roma, Teatro Vittorio Emanuele – Messina
Teatro Stabile di Catania – Sala Verga – Stagione 2024/2025 – 24 gennaio-2 febbraio 2025
Foto Antonio Parrinello