TEATRO VASCELLO, Roma
nuova produzione 2020
Medea di Euripide
adattamento e regia Gabriele Lavia
con Federica Di Martino, Simone Toni
produzione Effimera srl
in coproduzione con Fondazione Taormina Arte Sicilia
Scandaloso ed umanissimo, il mito di Medea al centro dell’omonimo capolavoro euripideo cattura l’interesse, spinge a prendere posizione tingendosi di molteplici sfumature interpretative. La presenza di due soli attori testimonia la rielaborazione dell’impianto drammaturgico, per cui, «la struttura della tragedia greca viene ingoiata da una nuova struttura contemporanea», ‘spogliata’ dell’inessenziale e ridotta al nucleo centrale, in un dialogo serrato, aspro, tra il marito infedele e la moglie tradita. Ad interpretare Medea è Federica Di Martino, affiancata da Simone Toni nel ruolo di Giasone.
“La tragedia della ‘madre impazzita d’amore e di dolore, si svuota e si fa ‘povera’ di ogni ‘memoria classica’ per riempirsi tutta e arricchirsi essenzialmente soltanto di incomprensione, dolore, gelosia, infelicità, pazzia, vendetta – scrive Gabriele Lavia nelle sue note di regia – Questi i sentimenti che travolgono moglie e marito, in una lunga, terribile, dolorosa ‘Scena da un matrimonio’.
Il sentimento di perdita, di svuotamento, di spiazzamento da un ‘ambito-antico’ a una condizione ‘nostra’, nel rigoroso rispetto del ‘testo’ poetico, toglie allo spettatore ogni preconcetto estetico intorno a un certo ‘spettacolo moderno’ di un testo antico. Immaginiamo una “sinfonia” che venga suonata a Jazz soltanto da due strumenti ‘amorosi e virtuosi’ che tenendo ferma nel cuore la ‘tragedia’ di Euripide la restituiscano ‘per due voci sole’ in uno spietato duetto che lasci lo spettatore letteralmente senza fiato. Quello che noi chiamiamo tradizione è un concetto ‘temporale’. Nel senso che un ‘tempo’ antico viene trasferito nel tempo di ‘oggi’ che è il tempo-moderno. È attraverso questo ‘modo’ che noi siamo il ‘tempo’. Moderno è il nostro modo di essere il Tempo. Questa ‘rigorosa’ tradizione del tempo è l’impegno, nel senso profondo di dare noi stessi ‘in pegno’ in questo nostro spettacolo necessario”.
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